lunes, 22 de octubre de 2012

¿Cuál es el significado litúrgico del fanón papal? Simboliza el escudo de la fe (cfr. Efesios 6, 16: “Tened siempre embrazado el escudo de la fe, para que en él se apaguen todas las flechas incendiarias del maligno”)








lunes, 22 de octubre de 2012

La señal del Papa: el retorno del fanón, símbolo del “escudo de la fe”


En esta breve pero interesante entrevista, cuya traducción en lengua española ofrecemos, Don Nicola Bux explica las motivaciones y el significado de una sorpresiva introducción en la liturgia pontificia de las Canonizaciones, celebradas ayer en el Vaticano, junto a la anunciada modificación del rito: el retorno del fanón papal, un ornamento exclusivo del Romano Pontífice, que se encontraba en desuso desde los primeros años del pontificado de Pablo VI y que, hasta el día de ayer, sólo había sido usado en una ocasión por el Beato Juan Pablo II.
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Don Nicola Bux, ¿por qué Benedicto XVI ha utilizado el fanón papal?

El fanón se usa sobre la casulla, y está formado por dos mucetas superpuestas la una a la otra; la inferior es más larga que la superior. Es de tela blanca y dorada, con largas líneas perpendiculares, separadas por una franja amaranto o roja. Sobre el pecho tiene una cruz bordada en oro.
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¿Cuál es el significado litúrgico del fanón papal?

Simboliza el escudo de la fe (cfr. Efesios 6, 16: “Tened siempre embrazado el escudo de la fe, para que en él se apaguen todas las flechas incendiarias del maligno”) que protege la Iglesia católica, representada por el Papa. Las bandas verticales de color dorado y plateado representen la unidad y la indisolubilidad de la Iglesia latina y oriental.
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Por primera vez, el domingo pasado, el rito de la Canonización ha sido anticipado antes del comienzo de la Misa. Había sucedido también con el Consistorio para la creación de nuevos cardenales en febrero y, aún antes, con el canto de la Kalenda la noche de Navidad. ¿Cuál es el motivo de estas opciones?

La razón es lograr que se perciba cada vez mejor la diferencia entre lo que pertenece al rito eucarístico de la Misa y lo que en cambio se añade a él excepcionalmente. Hoy cada vez más se tiende a añadir a la Misa otros ritos, o hacer mezclas indebidas, o a superponer frecuentemente otros ritos sacramentales. Todo esto termina impidiendo que los fieles perciban los márgenes del Sacrificio Eucarístico, así como de los distintos sacramentos y sacramentales, llevando a reducir la Misa a un programa que se completa a gusto.
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¿No existe el riesgo de que a, los ojos de los creyentes y de todo el mundo, la imagen del Papa usando vestiduras litúrgicas en desuso o las continuas modificaciones en la estructura de los ritos presididos por él puedan presentar a Benedicto XVI como un Pontífice anticuado al que le gusta usar vestimentas de museo?

Ningún riesgo, sino la señal de que, en la Iglesia, hay continuidad de Magisterio: lo que era sagrado sigue siendo sagrado. El ornamento usado por primera vez por Benedicto XVI en esta Canonización ha sido usado por Juan Pablo II, así como por Pablo VI, por Juan XXIII, por Pío XII.

Aquello que hoy debe volver a comprenderse es que los ornamentos litúrgicos no siguen las modas humanas sino que quieren dar gloria a Dios. Los sacerdotes y los obispos hasta el Papa son ministros, es decir, siervos – el Papa es servus servorum Dei -, por lo tanto, frente a la Majestad divina deben presentarse con la mayor dignidad. La riqueza de los ornamentos es el signo de esto, si bien nunca bastante adecuado, y a él debe corresponder la pureza del corazón y la castidad del cuerpo, como escribe san Francisco en la Carta a los Fieles.

Lo sagrado no va nunca al museo. La actual tendencia a la exhibición en museos de los objetos sagrados tiene algo de patológico cuando no está justificada por el motivo de salvaguardar su conservación. Los ornamentos son, en gran parte, fruto de donaciones del pueblo de Dios para conferir esplendor al culto divino.

La modificación de la estructura de los ritos corresponde a la exigencia de restaurar lo que se ha deformado por el paso del tiempo o las concesiones a las modas del momento, para permitir a los ritos expresar más claramente la lex credendi de la Iglesia. A diferencia de la beatificación, la canonización, por ejemplo, es un acto solemne del Magisterio pontificio, que declara ex cathedra, es decir, de modo infalible, que algunos de sus hijos gozan con seguridad de la visión beatífica de Dios en el Paraíso, y pueden ser invocados como intercesores y señalados como ejemplos para toda la Iglesia y no sólo para las Iglesias particulares.
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L’intervista

Vesti e simbolismi papali, parla don Bux: «Il sacro non va mai in museo»

L’amico intimo di Ratzinger: in quei simboli c’è la continuità del magistero

Lunedì, 22 Ottobre 2012 Scarica il PDF per la stampa
«Il sacro non va mai in museo». Risponde senza alcuna esitazione e con grande chiarezza don Nicola Bux all’obiezione che la scelta di Benedetto XVI di indossare paramenti ormai desueti possa offrire l’immagine di un Pontefice antiquato che ama gli abiti da museo. Amico di lunga data di Joseph Ratzinger, che nel 1997 presentò il suo libro “Il quinto sigillo”, Bux è consultore delle Congregazioni per la Dottrina della Fede e delle Cause dei Santi e dell’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie.
Proprio in quest’ultima veste ha lavorato alle modifiche alla liturgia papale che i fedeli e non solo di tutto il mondo hanno potuto notare, domenica scorsa, in occasione della canonizzazione di sette nuovi beati presieduta da Benedetto XVI. Un Papa liturgicamente inedito, quello che si è mostrato agli occhi di coloro che assistevano al rito in piazza San Pietro o lo seguivano in diretta televisiva. Papa Ratzinger, infatti, per la prima volta dall’inizio del suo pontificato, ha indossato il fanone papale, un paramento ormai desueto, utilizzato l’ultima volta, quasi trent’anni fa, da Giovanni Paolo II.
Don Nicola Bux perché Benedetto XVI ha indossato il fanone papale?
«Il fanone, si indossa sulla pianeta, ed è formato da due mozzette sovrapposte l’una all’altra; quella inferiore è più lunga di quella superiore. È di stoffa bianca e aurea, a lunghe linee perpendicolari, separate da una striscia amaranto o rossa. Sul petto sta una croce ricamata in oro».
Qual è il significato liturgico del fanone papale?
«Simboleggia lo scudo della fede (cfr. Efesini 6,16) che protegge la Chiesa cattolica, rappresentata dal Papa. Le fasce verticali di colore oro e argento, rappresentano l’unità e l’indissolubilità della Chiesa latina e orientale. Il fanone è in tema con l’Anno della Fede che il Successore di Pietro è chiamato a rafforzare in tutti i cristiani. Papa Giovanni XXIII è raffigurato col fanone nel tondo a mosaico della Basilica di San Paolo fuori le Mura.».
Per la prima volta, domenica scorsa, il rito della canonizzazione è stato anticipato prima dell’inizio della Messa. Era successo anche con il concistoro per la creazione dei nuovi cardinali a febbraio e, ancora prima, con il canto della Calenda la notte di Natale. Qual è il motivo di queste scelte?
«La ragione è di far cogliere sempre meglio la differenza tra ciò che appartiene al rito eucaristico della Messa e ciò che invece vi è aggiunto eccezionalmente. Oggi sempre più si tende a infarcire la Messa di altri riti o a fare commistioni indebite o a sovrapporvi frequentemente altri riti sacramentali. Tutto ciò finisce per non far percepire ai fedeli i contorni del Sacrificio Eucaristico, come dei singoli sacramenti e sacramentali, inducendo a ridurre la Messa a un palinsesto da riempire a piacimento».
Non c’è il rischio che agli occhi dei credenti e di tutto il mondo l’immagine del Papa con indosso vesti liturgiche desuete o le continue modifiche nella struttura dei riti da lui presieduti possano far apparire Benedetto XVI un Pontefice antiquato che ama indossare abiti da museo?
«Nessun rischio, ma il segnale che nella Chiesa c’è continuità di magistero: ciò che era sacro rimane sacro. L’indumento indossato per la prima volta da Benedetto XVI in questa canonizzazione, è stato indossato da Giovanni Paolo II come da Paolo VI, da Giovanni XXIII come da Pio XII. Quel che oggi si deve tornare a comprendere è che i paramenti liturgici non seguono le mode umane ma vogliono rendere gloria a Dio. I sacerdoti e i vescovi fino al Papa sono ministri cioè servi - il Papa è servus servorum Dei - quindi dinanzi alla Maestà divina devono presentarsi col massimo della dignità. La ricchezza dei paramenti ne è il segno sebbene mai abbastanza adeguato, e vi deve corrispondere la purezza del cuore e la castità del corpo, come scrive san Francesco nella Lettera ai Fedeli. Il sacro non va mai in museo. La corsa odierna alla musealizzazione della suppellettile sacra ha del patologico, quando non è giustificata dal motivo di salvaguardarne la conservazione. I paramenti sono in gran parte frutto di donativi del popolo di Dio per conferire splendore al culto divino. La modifica della struttura dei riti corrisponde all’esigenza di restaurare quanto si è deformato per l’usura del tempo o il cedimento alle mode del momento, onde permettere ai riti di esprimere più chiaramente la lex credendi della Chiesa. A differenza della beatificazione, la canonizzazione per esempio, è un atto solenne del magistero pontificio, che dichiara ex cathedra, cioè in modo infallibile, che alcuni suoi figli godono sicuramente della visione beatifica di Dio nel Paradiso, e possono essere invocati come intercessori e additati come esempi per tutta la Chiesa e non solo per le Chiese particolari».
 



Fuente: Orticalab



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